Tommaso Arrigoni, chef del ristorante Stella Michelin ‘Innocenti Evasioni’ di Milano, ci racconta perché è così orgoglioso di essere italiano, come crede che il mondo cambierà dopo la pandemia Covid-19 e perché essere fedele al suo DNA e ai suoi valori è il segreto del suo successo.
Il mondo intero è coinvolto da questa pandemia globale. Prima di tutto, che messaggio sente di dare ai suoi clienti e soprattutto ai suoi colleghi?
Oggi più che mai abbiamo bisogno di solidarietà. Sono molto vicino a tutti i miei colleghi, soprattutto quelli che hanno i ristoranti in località di villeggiatura o lontani dai centri abitati, loro saranno quelli che faranno più fatica a partire. Sono anche convinto che i nostri clienti ci troveranno in grande forma e potranno godere della nostra ripartenza.
Si dice che dietro ogni problema ci sia sempre un’opportunità; questa pausa forzata non è facile da affrontare ma potrebbe averle anche dato modo di riscoprire il valore del tempo e l’occasione di poter studiare e sperimentare con maggiore calma. Cosa, di positivo, pensa uscirà da questa situazione?
Io sono positivo di natura e la storia ci insegna che più la crisi è importante più forte sarà la ripartenza. Chi saprà superare con astuzia e onestà nel rispetto del cliente vivrà una nuova (e ricca) primavera.
Come si sta preparando alla ripresa dopo i dolorosi sacrifici e lo stop forzato in questo periodo di emergenza?
Ho avuto la fortuna di essere parte di una start-up che nel 2015 ha avviato un food delivery a Londra. Il progetto è cresciuto molto e a fine 2019 mi avevano chiesto di replicarlo a Milano. La data prevista era stata fissata per settembre di quest’anno. Abbiamo lavorato duramente e siamo partiti in questo periodo. Far nascere una nuova società in tempo di burrasca può sembrare folle, ma a noi sembra un’occasione d’oro. Il ristorante invece è chiuso e non penso ci siano le condizioni per fare molto altro.
L’emergenza Covid-19 sta riscrivendo le regole dell’enogastronomia. Come immagina il futuro della ristorazione quando tutto sarà finito?
Non penso questo, la gente non vede l’ora di poter tornare alla vita “normale” e vorrà regalarsi ancora il piacere di fare esperienze presso di noi. Questo potrà avvenire solo quando avremo un vaccino e potremo tornare a coccolare i nostri ospiti. La fare tra la chiusura e la fine dell’emergenza sarà solo un periodo di purgatorio.
Qualcuno sostiene che il “food delivery” rappresenti un valido supporto ai ristoratori… la teoria può essere applicata anche alla cucina d’autore?
Come dicevo prima ho maturato una certa esperienza nel campo del delivery e francamente non credo nel “ delivery stellato”. Dal mio punto di vista il delivery deve essere un servizio popolare, snello, veloce e pratico. Oggi la gente è a casa e se riceve un pacchetto con cibi da rigenerare e impiattare ha tempo per farlo, quando riprenderemo la nostra vita quotidiana chi continuerà a usufruire del servizio avrà la necessità di ricevere un pasto caldo, pronto e non vorrà avere il pensiero di lavare piatti e pentole e rigovernare la cucina.
Secondo lei quali saranno i trends che influenzeranno la ristorazione del futuro?
Resto convinto che la qualità unita alla costanza saranno i due denominatori comuni che faranno il successo di ogni ristorante, forse ci sarà un ritorno alla tradizione, alle proposte più popolari ma bisognerà stare attenti a non cambiare rotta solo per una convenienza economica dettata dalla situazione che è venuta a crearsi, dietro ogni proposta ci dovrà essere un pensiero e un progetto convincente per un pubblico desideroso di riceverlo.
Se fosse l’ispettore di una guida enogastronomica dopo il coronavirus, quali criteri di valutazione prenderebbe in considerazione?
La voglia di riscattarsi, l’impegno nel reinventarsi con intelligenza e per soddisfare al meglio le esigenze dell’ospite
Il fine-dining ritornerà o rinascerà?
Le grandi case resteranno e saranno sempre attraenti e desiderate. In questi ultimi anni abbiamo assistito a una miriade di aperture, molte fatte da giovani talentuosi e con grande passione. Molte altre erano a mio avviso fuoco di paglia, rimarranno i veri professionisti che avranno tempo e talento per rinascere.
Parliamo di cose positive: qual è stata la sua ispirazione nel creare il suo attuale menu degustazione?
Durante i primi giorni di quarantena mi sono messo a rileggere l’Apicio Moderno di Francesco Romano Leonardi (1790). E’ di una modernità incredibile. Come in ogni libro però, si riesce ad apprende solo quello di cui siamo pronti a recepire. Quindi proporrò qualcosa di storico – contemporaneo.
Ci racconti del suo piatto del cuore, il “signature dish” che più di tutti la identifica, cosa lo rende unico e se lo rivisiterebbe in futuro.
Tutti i miei piatti hanno subito una evoluzione e penso che continueranno ad evolversi. Uno che amo in particolare è “L’uovo con crema di ragusano, concentrato di pomodoro e caviale”.
Sostenibilità, un argomento sempre più di tendenza ultimamente. Quale pensa sarà l’impatto post-Covid-19 sui ristoranti fine-dining in fatto di sostenibilità?
A novembre 2019 è uscito il mio primo libro “Uno chef senza sprechi” edito da Guido Tommasi, un progetto che mi ronzava in mente da anni. Penso che tutti ci dovremo rendere conto che l’argomento sia importante non perchè fa figo parlarne ma perchè torna comodo a tutti, in primis ai nostri figli. La vera sfida è farlo capire ai più giovani, cresciuti nel consumismo e che non hanno la fortuna di avere i nonni che hanno fatto la guerre. Il mio libro è dedicato proprio a mio nonno, che come dico sempre mi ha insegnato tutto senza spiegarmi niente.
Il suo ristorante ha un posto speciale nel suo cuore; ci racconti alcuni momenti che ricorda ancora quando ha aperto e quali sono state le sue maggiori sfide quando ha iniziato.
Ho aperto 23 anni fa, avevo 26 anni, entusiasmo, passione e spirito di sacrificio da vendere. Oggi non è cambiato molto per restare sulla cresta dell’onda tocca faticare, ora ho una squadra che mi supporta un po di più, allora bisognava fare tutto da soli. Ricordo il giorno che ho rogitato, la sera sono rimasto a fare le preparazioni per il giorno dopo fino a notte fonda, ecco quella notte penso che non la dimenticherò mai! da allora non mi sono mai fermato… fino al 7 marzo di quest’anno, mi sono sentito come Forrest Gump quando alla fine della sua corsa durata più di 3 anni ha detto “ sono un po stanchino”
Con la sua cucina, lei è interprete e testimonial di una filosofia che va oltre il semplice cibo. Ha creato un universo e un DNA potente e riconoscibile. Quali pensa siano i fondamentali del successo?
A costo di ripetermi, ci vuole passione e costanza, la costanza è fondamentale.
Se ci fosse una cosa di sé stesso che vorrebbe cambiare quale sarebbe?
Sono moto auto critico, cambierei molte cose ma poi non sarei lo stesso soddisfatto!
Qual è la sua frase o il suo motto preferito?
Cambi o muori.
Cosa la mette di buon umore? Ha delle abitudini, degli hobby o dei rituali a cui ricorre per ricaricarsi di positive vibes?
Amo tutto ciò che ha due ruote, bici e moto, da strada, da corsa, da cross. Ne ho alcune che uso nel poco tempo libero. Ma non avendo tempo per allenarmi faccio sempre molta fatica!
Se non avesse fatto lo chef, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?
Un architetto d’interni o un artista
Come definirebbe il Made in Italy in tre parole?
L’arte di essere unici
Ristorante
Innocenti Evasioni
Via Privata della Bindellina
20155 Milano (MI)