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Enozioni intervista Matias Perdomo, chef del ristorante ‘Contraste’ di Milano

Matias Perdomo, chef del ristorante Stella Michelin ‘Contraste’, fra gli indirizzi top di Milano, capace di trasformare ogni piatto in una sorpresa gastronomica, ci racconta come crede che il mondo cambierà dopo la pandemia Covid-19 e perché essere fedele al suo DNA e ai suoi valori è il segreto del suo successo.

L’intervista:

Il mondo intero è coinvolto da questa pandemia globale. Prima di tutto, che messaggio sente di dare ai suoi clienti e soprattutto ai suoi colleghi?
Non credo di essere la persona che deve mandare un messaggio a qualcuno, è un momento molto  personale e intimo, allo stesso momento coinvolge tutto il mondo, ma non ce una formula unica per tutti, senza ombre di dubbio il essere umano e sempre stato capace di fare fronte a delle sfide e trovare nuove strade .

Si dice che dietro ogni problema ci sia sempre un’opportunità; questa pausa forzata non è facile da affrontare ma potrebbe averle anche dato modo di riscoprire il valore del tempo e l’occasione di poter studiare e sperimentare con maggiore calma. Cosa, di positivo, pensa uscirà da questa situazione?
Senza ombra di dubbio credo che sia una pausa forzata che ci mete a nudo con noi stessi, avere disponibile tanto tempo per stare e restare con noi stessi da soli non è mai capitato, ci fa riflettere e vedere le cose da una prospettiva diversa. Di positivo credo che ci sia proprio questo aspetto, il cercare di guardarci dentro e capire se è proprio questa la vita che vogliamo e anche dove forse per il ritmo e la adrenalina di questo mondo ci stavamo perdendo pezzi importanti di vita.

Come si sta preparando alla ripresa dopo i dolorosi sacrifici e lo stop forzato in questo periodo di emergenza? 
Prima di tutto stiamo attendendo delle normative prestabilite ma definitive per riuscire a fare le valutazioni, per adesso di certo c’è ben poco e non sappiamo come muoverci, e quello che si dice è contradittorio e in tante circostanze impossibile da mettere in atto… Comunque stiamo lavorando a format gastronomici alternativi e cercando di diversificare per non restare fermi e per cercare di mantenere il nostro organico al completo.

L’emergenza Covid-19 sta riscrivendo le regole dell’enogastronomia. Come immagina il futuro della ristorazione quando tutto sarà finito?
Credo che l’emergenza Covid-19 stia facendo vedere quanto siamo come modello business vulnerabile, in un sistema che lavora a debito e con tante varianti e nessuna certezza… credo sinceramente che la gastronomia non cambierà, di sicuro per parte nostra a Contraste cercheremo di elevare ancora di più l’esperienza gastronomica a 360 gradi, cercare non solo di fare gastronomia, portare la gente a vivere un momento unico e indimenticabile per tutta la vita.

Qualcuno sostiene che il “food delivery” rappresenti un valido supporto ai ristoratori… la teoria può essere applicata anche alla cucina d’autore?
Credo che il mondo del delivery sia una opzione valida e molto interessante, ma per nessun motivo al mondo può soppiantare la magia di vivere una serata a Contraste.

Secondo lei quali saranno i trends che influenzeranno la ristorazione del futuro?
Indubbiamente l’asticella della qualità si alza, i modelli di bistronomy, trattorie moderne, e fast-food insieme al delivery cresceranno ancora di più, e i ristoranti di alta cucina dovranno aumentare la relazione umana e avvicinare gli ospiti, cercando di fare vivere una giornata unica e indimenticabile in tutti il sensi.

Se fosse l’ispettore di una guida enogastronomica dopo il coronavirus, quali criteri di valutazione prenderebbe in considerazione?
Le guide sono fatte da persone e come tali anche loro hanno sofferto questo momento drammatico, un ristorante doveva e deve essere sempre se stesso proponendo quello che più lo indentifica, ma ripeto il fattore umano sarà la rivoluzione gastronomica e non solo. 

Il fine-dining ritornerà o rinascerà?
Non e mai andato via, si trasformerà com’è sempre successo e continuerà ad emozionare perché noi non vendiamo piatti: costruiamo illusioni e sogni.

Parliamo di cose positive: qual è stata la sua ispirazione nel creare il suo attuale menu degustazione? 
La nostra più grande ispirazione è sempre stata la nostra clientela, ascoltarli e costruire insieme a loro il miglior momento possibile. 

Ci racconti del suo piatto del cuore, il “signature dish” che più di tutti la identifica, cosa lo rende unico e se lo rivisiterebbe in futuro.
Ne abbiamo tanti, ma credo che il “donuts alla bolognese” sia quello che più indentifica il nostro modo di vivere la gastronomia, giocando, spiazzando ma tornando alla memoria del gusto.

Sostenibilità, un argomento sempre più di tendenza ultimamente. Quale pensa sarà l’impatto post-Covid-19 sui ristoranti fine-dining in fatto di sostenibilità?
La sostenibilità quando diventa uno slogan smette di esserlo, credo che chi è sostenibile lo sia come filosofia di vita… è un insegnamento che ti porti dai nonni che erano meno fortunati di noi in quantità, di possibilità e oggi lo applichi con coerenza e convinzione quotidianamente e naturalmente.

Il suo ristorante ha un posto speciale nel suo cuore; ci racconti alcuni momenti che ricorda ancora quando ha aperto e quali sono state le sue maggiori sfide quando ha iniziato. 
Il nostro ristorante è creato da un gruppo di persone che sono diventate con il tempo amici, tutti i giorni è una nuova sfida ed è quello che ti mantiene vivo come ristorante.

Con la sua cucina, lei è interprete e testimonial di una filosofia che va oltre il semplice cibo. Ha creato un universo e un DNA potente e riconoscibile. Quali pensa siano i fondamentali del successo?
La sincerità e trasparenza, con te stesso per primo e dopo con le persone che te circondano, il successo non lo cerchi mai, quando lo cerchi e quando forse inizi a perderlo.

Se ci fosse una cosa di sé stesso che vorrebbe cambiare quale sarebbe?
Forse l’essere molto impulsivo.

Qual è la sua frase o il suo motto preferito?
È più importante la strada che si percorre che l’obiettivo che si vuole raggiungere. 

Se non avesse fatto lo chef, che cosa le sarebbe piaciuto diventare? 
Mi sarebbe piaciuto fare l’architetto. 

Come definirebbe il Made in Italy in tre parole?
Casa, famiglia e memori

Donuts alla Bolognese (c) Matias Perdomo, Contraste

Ristorante
Contraste
Via Giuseppe Meda, 2,
20136 Milano MI

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