Da quando sono sommelier e ho deciso di fare del vino il centro della mia professione, ho avuto la fortuna di degustare eccellenze provenienti da (quasi) ogni angolo del pianeta. Ma poi, si sa, “si torna sempre dove si è stati bene”. Certo la sperimentazione è alla base della conoscenza, che è un fattore primario per chi decide di comunicare un elemento così ricco e complesso come il vino…ma quando si tratta di emozioni personali, quelle che completano un momento e lo rendono speciale, come un brindisi a lume di candela, ci facciamo guidare dal cuore e dalle nostre sicurezze. L’altra sera ho scelto un Barolo Duchessa Lia dalla nostra cantina privata, per una degustazione a lume di candela. Se non l’avete ancora provato come vino da meditazione, ve lo consiglio caldamente!
Il Barolo può essere tranquillamente sorseggiato lontano dai pasti, data la sua corposità ed intensità: in questo modo potrete apprezzarne tutta la sua profondità, con calma e riflessione. Come per magia vi sembrerà di riuscire a rallentare il tempo e di cogliere tutta la piacevolezza di ogni singolo attimo.
Benché l’annata del Barolo Duchessa Lia fosse la 2014 (come ben sapete, il Barolo è un vino che ben si presta al lungo invecchiamento) la sua freschezza ed elegante struttura tannica testimoniano una qualità ben distinta capace di regalare sin d’ora un delizioso sorso, ma che lascia altrettanto presagire un potenziale miglioramento riposando in cantina per qualche anno ancora. La 2014 è stata un’annata complessa nella gestione del vigneto, ma ha riservato piacevoli sorprese sulla qualità delle uve vinificate grazie ad un favorevole finale di stagione. Di fatto, è stato constatato come proprio l’ultima parte della stagione sia fondamentale in Langa per la qualità suprema dell’uva e dei vini.
“Vinum regum, rex vinorum“. Cioè vino dei re e re dei vini. Da secoli è questa l’espressione che accompagna il Barolo DOCG. Nasce sulle dolci colline delle Langhe da uve Nebbiolo in purezza, in un suggestivo territorio che abbraccia 11 comuni a sud della città di Alba (La Morra, Monforte d’Alba, Barolo, Serralunga d’Alba, Castiglione Falletto, Novello, Grinzane Cavour, Verduno, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi). E’ la punta di diamante della viticoltura piemontese e del panorama enologico d’eccellenza italiano. Tra le regole fondamentali del disciplinare c’è proprio il lungo invecchiamento: il Barolo deve invecchiare almeno 3 anni e fino a 5 anni per la tipologia “Riserva” a partire dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve. La sua produzione, da subito apprezzata nelle corti di tutta Europa, risale a metà dell’Ottocento ed è da attribuire alla caparbietà di Camillo Benso Conte di Cavour e alla Marchesa Giulia Colbert Falletti. E’ DOCG dal 1980.
Degustazione
–Colore: rosso intenso, tendente al granato con l’invecchiamento
–Bouquet: complesso, armonico e bilanciato, dove si riconoscono piccoli frutti rossi, rosa e viola appassita, spezie, cuoio, pepe verde, anice, noce moscata, ciliegie sotto spirito e liquirizia.
–Sapore: pieno, avvolgente, elegante e vellutato, ha una piacevole struttura tannica che regala persistenza e rimanda ad un mix di piccoli frutti rossi, liquirizia e caffè.
Servizio & Abbinamenti
Si abbina ottimamente con il cibo, oltre ad essere un ottimo vino da meditazione. Ma quali piatti sono più indicati per un vino nobile come il Barolo? “La semplicità è l’ultima sofisticazione” diceva Leonardo da Vinci: e aveva ragione. Con una buona bottiglia di Barolo Duchessa Lia non servono troppe sofisticazioni, ma gusti sinceri e decisi: piatti a base di tartufo – l’abbinamento che da sempre domina in tutta la cucina delle Langhe – così come importanti secondi di carne quali i brasati, gli arrosti, l’agnello alla griglia, la cacciagione e tutte le pietanze di carne al forno. Senza dimenticare un onesto filetto di fassone piemontese: ai funghi porcini, al pesto, con salsa al Roquefort, avete solo l’imbarazzo della scelta per esaltare la succosità della carne con la potenza tannica del Barolo. Provatelo anche con i formaggi stagionati di spessore, come ad esempio il Castelmagno. Riserva delle belle sorprese anche con il cioccolato. Servitelo alla temperatura ideale di 18°C in ampi calici che ne esaltano l’aroma.